Progetto poc “La promozione del territorio attraverso il web”

Si conclude oggi il progetto poc “La promozione del territorio attraverso il web”. Felicissima di aver condotto il corso come docente esperto, presso l’Istituto U. Mursia di Carini.

Ringrazio i ragazzi che hanno partecipato, i quali si sono mostrati, tutti, molto interessati e entusiasti.

Se volete visionare il sito creato, in tale occasione, come prodotto finale, lì troverete una raccolta dei principali lavori realizzati durante il corso.

Seguite il link sotto…

Sito progetto

Di seguito alcuni commenti e riflessioni conclusive, lasciate dagli alunni partecipanti…

Noemi: Questo progetto mi è piaciuto molto, mi sono divertita tantissimo e soprattutto ho imparato ad usare tante applicazioni. 

Grazia, Gabriele e Margherita: Gli elementi positivi del progetto sono stati utilizzare nuove applicazioni, visitare la nostra città e grazie a questo corso abbiamo imparato a valorizzare il territorio. 

Giulia: Mi è piaciuto tantissimo e mi sono divertita molto questo corso mi ha insegnato molte cose.

Andrea: Questo corso mi ha insegnato cosa vuol dire valorizzare il territorio e per questo l’ho trovato molto interessante e divertente.   

Chanel: Mi è piaciuto molto andare a visitare le chiese di Palermo, ma  anche visitare il “Castello di Carini” anche perchè non l’avevo mai visitato. Non ho trovato niente di complicato ad utilizzare le app anche perchè la Professoressa ha spiegato tutto benissimo. 

Francesca: Mi è piaciuto molto, è stato molto interessante e ho imparato tante cose. 

Nicolò: É stata un’esperienza molto molto bella, ma soprattutto divertentissima. Ho imparato molto da questo progetto e credo che tutto quello che ho imparato mi sarà utile per il futuro. 

Leandro: Mi è piaciuto molto il sito word art e sapere come creare un sito.

Nicolas: L’attuazione di applicazioni varie che possono essere usate al di fuori del pon anche per fare semplici schemi sia per scuola o magari nel futuro. 

La pazza gioia

Confesso che non lo avevo ancora visto, nonostante abbia avuto un successo straordinario all’epoca. Se ne è parlato a lungo ricordo, nel 2016. Ieri vederlo è stato per me molto piacevole, da qui una mia riflessione.

La pazza gioia è un film di Paolo Virzì (2016).
Ambientato in Toscana, descrive la vicenda di due donne approdate in una comunità terapeutica per pazienti psichiatrici su ordinanza del tribunale.
Il film affronta il tema della malattia mentale, con grande delicatezza e rispetto senza cadere mai nella banalità o nella esasperazione delle situazioni, a tratti anche ironico e esilarante.
Ho apprezzato molto la grande aderenza alla realtà, la rappresentazione delle difficoltà incontrate, lo scontro con la società che le vuole escluse, ai margini, ma vi è qualcosa di più, è il racconto di tante storie all’interno della storia, pezzi di vita che si incontrano, una “amicizia folle” nascente e che forse per la prima volta permette a entrambe le protagoniste di scoprire la meraviglia di sentirsi amate nonostante i loro problemi, le loro fragilità, di sentirsi nuovamente importanti per qualcuno, permette di assumere un ruolo nuovo, inaspettato per certi versi.

La fuga, più simbolica che reale, rappresenta una ricerca di significato, una ripresa dei rapporti interrotti, una sorta di ricognizione, un chiudere i ponti con un passato scomodo, ingombrante, artefice del loro destino, un tentativo di riprendersi in mano la loro vita,  di fare pace con se stesse, per poter finalmente ripartire e scrivere un nuovo capitolo della loro vita con consapevolezza e dignità, nonostante il dolore, nonostante il bipolarismo o la depressione, ma per la prima volta si riscoprono “persone”, riescono ad andare oltre, a svincolarsi dalle etichette delle diagnosi e delle cartelle cliniche.


Vi è anche un evidente citazione a “Thelma and Louise” che demarca la forza e il coraggio delle donne verso la tanto agognata emancipazione femminile.
Le  peripezie che le due donne vivono durante la fuga finiscono a volte per sollevare dei dubbi riguardo a chi siano i veri pazzi, appare cosi subito chiaro come non sia mai del tutto netta la linea di demarcazione tra salute e malattia.


Un bel film dunque che parla della complessità delle personalità, dei rapporti umani, della cattiveria di alcuni, ma anche della grande generosità e solidarietà di altri.
Apre alla speranza, ci offre la sensazione che nonostante tutto, a volte si riesce a sfiorare la felicità, uno stato di benessere e pace che spetta a tutti.

“La pazza gioia” in questo caso loro la vanno a cercare con una forza nuova che deriva dalla loro unione perché si sa non ci si salva mai da soli, ma quello è un altro film…pure da vedere!
Buona visione!

L’attesa

La fine dell’anno è sempre un tempo di bilanci, di considerazioni, motivo di riflessioni e di buoni propositi.

Questa volta siamo probabilmente molto spiazzati, il bilancio purtroppo ci tocca farlo sui “sopravvissuti”. Sopravvissuti alla pandemia, alla disperazione di un anno anomalo, all’insegna dell’incertezza, della precarietà, della sospensione, sofferenza, solitudine, del distacco e della morte.

Un anno difficile in sé e difficile da dimenticare. Però, paradossalmente ci siamo sentiti più vicini, accomunati dalla stessa sorte, dallo stesso dolore.

Uniti nella lotta, in un fronte comune, ci siamo sentiti addosso tutta la fragilità della nostra condizione umana, nudi, spogli, in balia di eventi incontrollabili.

Ed è proprio nei momenti in cui ci si sente più soli, scoraggiati dal senso di impotenza che ci guardiamo attorno e con sguardo puro riusciamo a cogliere la bellezza che ci circonda, nonostante tutto.

La bellezza di una parola di conforto, di una mano amica, del calore degli affetti più cari che travalica ogni barriera fisica.

Perché se non riusciamo a controllare tutto, se gli eventi che ci accadono, a volte sono imprevedibili, inaspettati, l’unica certezza che abbiamo è che se si affrontano insieme, se ci si aiuta a vicenda, ci si supporta e il peso si allevia. Ci si sente meno soli e anche la sofferenza si attenua.

Tempo di bilanci, dunque e buoni propositi.

Al momento credo che ognuno di noi speri di oltrepassare questo periodo storico, vorremmo veramente lasciarcelo alle spalle al più presto.

Ma occorre anche, oltre che soffermarsi sulle difficoltà presenti al momento, valorizzare tutte le bellezze che ci circondano e non lasciarsi adombrare la vista.

Mantenere la lucidità, la fermezza di migliorarsi sempre e godersi e apprezzare le piccole gioie quotidiane.

Che sia un nuovo anno, dunque, all’insegna delle piccole gioie, di nuove speranze, nuovi progetti, degli affetti più cari da coltivare e ritrovare.

Dedicarsi alle proprie passioni, poi ci permette di apprezzare ancora di più, le mille sfaccettature della bellezza.

Leggere una poesia, un libro, ascoltare buona musica, chiacchierare con un amico, disegnare, dipingere, cucinare per i propri cari, vedere un film in buona compagnia, ridere e scherzare… semplici meraviglie a portata di mano, non lasciamocele scappare!

“Il mare d’inverno”
Come lo vedo io!
Non occorre essere professionisti per esprimere il proprio modo di sentire e vedere il mondo.

Buon anno nuovo a tutti!

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Una bella poesia di D.D. Watkins che ci insegna ad essere grati per ciò che siamo e per ciò che abbiamo.

Per tutto quello che ho dato
e per tutto quello che ho ricevuto.
Per la bellezza nella mia vita
e per i dolori che ho conosciuto.
Per le sfide che ho affrontato
e per quanta strada ho fatto finora.
Per il mio coraggio e i miei doni
e per la saggezza che ho conquistato.
Per il viaggio e l’esperienza
e per la gentilezza lungo la via.
Per i miei sogni e i miei desideri
e per la fiducia che ho imparato.
Per la gioia e l’ispirazione,
e per lo scopo che ho appena scoperto.
Per i miracoli che verranno,
e per quello che il domani ha in serbo per me.
Per tutto l’amore che ho conosciuto
e per quello che ho ancora da dare.
Per i miei amici, per la mia casa,
e per la mia famiglia
e per il tempo di trovare me stesso.
Per l’abbondanza e la semplicità
e per la grazia e l’opportunità.
Per la possibilità di fare la differenza
e per la fiducia di sapere che la farò.

D.D. Watkins